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IMPIEGO DELLA MILBEMICINA OSSIMA NEL TRATTAMENTO DELLA ROGNA DEMODETTICA GENERALIZZATA DEL CANE

di: FABRIZIO SOLARI BASANO, LAURA KRAMER, BARBARA GIALLICCHIO, CLAUDIO GENCHI 

Istituto di Patologia Generale Veterinaria, Università degli Studi di Milano, Università degli Studi di Parma, Veterinario Libero Professionista

Introduzione


Demodex canis (Arachnida, Demodicidae) è l’agente eziologico della rogna demodettica del cane, malattia parassitaria non infrequente nei giovani soggetti.

Di norma l’acaro compie l’intero ciclo di vita e si riproduce nei follicoli piliferi anche se, nei casi di rogna generalizzata, il parassita si è dimostrato in grado di colonizzare siti profondi quali i linfonodi sottomadibolari, prescapolari e iliaci (Unsworth, 1946). 

L’unica via di trasmissione fino ad ora dimostrata è quella dalla madre al cucciolo durante l’allattamento (Greve e Gaafar, 1966). È probabile che in numero limitato, l’acaro sia presente su larga parte della popolazione canina (Koutz et al., 1960, l’hanno isolato su oltre il 50% di 204 cani clinicamente sani) e solo in condizioni di diminuita resistenza dell’ospite il parassita sarebbe in grado di proliferare attivamente provocando segni clinici caratterizzati da alopecia, eritema, desquamazione e piodermite secondaria più o meno generalizzati.

La forma più frequente è quella localizzata, caratteristica del cane giovane (alopecia ed eritema perioculare, sul muso, sugli arti), che regredisce spontaneamente in oltre il 90% dei casi senza alcun tipo di intervento terapeutico (Carlotti, 1993). Circa il 10% dei casi giovanili evolve in forma generalizzata con alopecia, eritema, croste, piodermite/pododermatite secondaria su vaste zone del corpo. 

Ricordiamo a tale proposito che la demodicosi è da considerarsi generalizzata quando acari vivi e vitali sono riscontrati in almeno 5 zone diverse del corpo mediante raschiato cutaneo profondo e/o siano presenti segni di pododermatite su tutti i quattro arti (Carlotti, 1995).

La forma generalizzata del cane adulto (adult-onset generalized demodicosis) è la forma più grave in quanto spesso refrattaria alla terapia e frequentemente associata ad un quadro di immunodepressione sistemica (ipotiroidismo, diabete, n e o p l a s i a ) . Il ruolo giocato dai fenomeni immunitari nella patogenesi della rogna demodettica è ancora in larga parte da chiarire.

È probabile che la risoluzione spontanea della forma localizzata nei cani giovani sia conseguente alla risposta immunitaria cellulomediata in grado di controllare la proliferazione dell’acaro, carente nei soggetti con forme di demodicosi generalizzata.

Va infatti notato che i cani colpiti dalla forma generalizzata sono in grado di elaborare una normale risposta umorale ai comuni interventi vaccinali (epatite virale/cimurro/parvo) e presentano iperplasia della zona corticale dei linfonodi, indicando una normale funzionalità dei linfociti B (Corbett e Banks,1975). Al contrario, questi soggetti non rispondono all’iniezione intradermica di antigene di D. canis (risposta di ipersensibilità ritardata) e i linfociti messi in coltura non vengono attivati dai comuni mitogeni (Hirsch et al., 1975). Va però notato che la capacità proliferativa dei linfociti viene ripristinata quando questi sono lavati prima della messa in coltura, eliminando quindi i residui di siero. Inoltre, se l’animale colpito dalla forma generalizzata non presenta contemporaneamente piodermite secondaria (evento raro, ma possibile), i linfociti in coltura sono del tutto normali (Barriga et al., 1975).

Tali risultati hanno portato alla conclusione che è la piodermite (eventuali tossine derivate dai batteri) a provocare l’immunosoppressione e non un difetto intrinseco della risposta immunitaria dell’animale.

Tale ipotesi, tuttavia, è stata recentemente messa in discussione dagli studi di LeMarie et al. (1996) che hanno valutato la produzione di interleuchina (IL-2) in cani sani e in cani affetti da demodicosi generalizzata con e senza piodermite secondaria. Ricordiamo che la IL-2 è una citochina prodotta dai linfociti TCD4+ attivati in seguito al riconoscimento antigenico e svolge un ruolo determinante per l’attivazione di macrofagi, cellule NK e linfociti T citotossici, in grado di eliminare vari agenti patogeni. Sia in cani con demodicosi generalizzata complicata da piodermite, sia in cani con forme generalizzate senza infezione batterica, la produzione di IL-2 dai linfociti in vitro era significativamente inferiore in confronto agli animali sani di controllo. Gli autori concludono che l’incapacità di produrre sufficiente IL-2 sarebbe un fattore predisponente (intrinseco) dell’ospite che favorirebbe l’iniziale proliferazione degli acari. Successivamente l’infezione batterica (o la produzione da parte del parassita di fattori immunosoppressivi non ancora identificati) aggraverebbe lo stato di immunosoppressione, rendendo l’animale incapace di eliminare l’acaro. È in questi soggetti che la malattia assume un andamento cronico, trasformandosi in una delle patologie dermatologiche più difficili e frustranti.  

Prospettive Terapeutiche


La terapia della rogna demodettica generalizzata cronica è difficile e richiede costanza e attenzione sia da parte del veterinario, sia del proprietario. È bene per altro precisare che mentre il “controllo” clinico è relativamente facile da raggiungere, molto più difficile è ottenere la guarigione dell’animale (Carlotti, 1993).

In accordo con la maggior parte degli autori, un cane può considerarsi guarito solo quando, oltre al ripristino delle condizioni cliniche, gli scarificati cutanei si mantengono negativi alla ricerca dei parassiti per un anno dalla sospensione della terapia antiparassitaria. Sul piano pratico è possibile in generale emettere una prognosi favorevole, per quanto riservata, quando gli esami parassitologici si negativizzano entro 90 giorni dall’avvio della terapia contro l’acaro. Per altro questi sono i criteri generalmente adottati nella valutazione dei vari protocolli. Ciò non toglie che risultati soddisfacenti per il mantenimento in vita del soggetto possano essere ottenuti tramite cicli ripetuti di terapia, anche quando non si riesca ad ottenere la completa negativizzazione parassitologica del soggetto. Contro la rogna demodettica del cane sono stati utilizzati vari acaricidi, dal benzoil benzoato al rotenone agli esteri fosforici in varie formulazioni per trattamento topico o per via orale, la cui efficacia nei confronti della forma generalizzata cronica si è rilevata nella maggior parte dei casi molto scarsa e comunque insufficiente a prevenire le recidive (Carlotti, 1993).

Più efficace e nel complesso meno tossico si è rilevato l’impiego dell’amitraz, composto appartenente al gruppo delle amidine. Il suo impiego è stato proposto alla concentrazione di 250-1000 ppm (Carlotti, 1993; Folz et al., 1985; Genchi et al., 1990) con vari protocolli di trattamento (una o due volte alla settimana fino a 20 settimane).

I risultati ottenuti dai vari autori indicano una efficacia del 100% nelle forme localizzate, mentre nelle forme generalizzate (anche croniche) la percentuale media di guarigione (assenza di recidive) è del 50-80% (Carlotti, 1993; Gauguère, 1995; Genchi et al., 1990; Medleau e Willemse, 1995 a, b). È interessante comunque notare che recentemente in forme di rogna demodettica generalizzata recidivante a trattamenti pregressi, l’impiego giornaliero dell’amitraz (500 ppm) per un mese, ridotto a 3 volte alla settimana per un altro mese e mantenuto una volta alla settimana per ulteriori 2 mesi associato alla somministrazione per via sottocutanea di 20 mcg/kg di ivermectina una volta alla settimana per due mesi e a trattamento antibiotico e immunostimolante ha comportato nel complesso buoni risultati in 8 soggetti dei 10 trattati (Bizzetti e Bernardini, 1996).

Nelle forme resistenti all’amitraz e più in generale nella rogna demodettica generalizzata cronica è stato proposto, relativamente di recente, l’impiego della ivermectina e della milbemicina ossima. Entrambi i composti appartengono al gruppo dei derivati macrociclici a struttura lattonica ma non esercitano significativa attività antibiotica e antifungina: sono ottenuti per fermentazione di diverse specie di Streptomyces (S. avermitilis nel caso della ivermectina e di S. hygroscopicus aureolacirmosus nel caso della milbemicina ossima).

L’efficacia antiparassitaria dei due composti appare in larga parte da attribuire al blocco della trasmissione nervosa per interferenza sull’acido gamma amino butirrico (GABA).

Premesso che per entrambi i farmaci il loro utilizzo nella rogna demodettica del cane non è previsto dalle indicazioni terapeutiche e dai dosaggi consentiti dalla normativa sul farmaco veterinario e, come tale, il loro impiego è sotto la diretta responsabilità del veterinario, i primi studi sull’impiego di questi macrolidi sono stati condotti con ivermectina somministrata a 400 mcg/kg s.c. una volta alla settimana od ogni 15 giorni per 8 settimane con risultati deludenti sul piano parassitologico (Belot et al., 1984; Scott e Walton, 1985; Campbell, 1989).

Buoni risultati (guarigione clinica e negativizzazione degli scarificati cutanei) ottengono invece Gravino et al. (1985) utilizzando l’ivermectina alla dose di 600 mcg/kg s.c. una volta alla settimana fino a un massimo di 5 settimane in 20 cani con forme localizzate alla testa o alla testa e agli arti. Nessuna indicazione è fornita sul decorso post terapeutico e sulla eventuale comparsa di recidive. Nel 1992, il successo ottenuto dall’impiego della milbemicina ossima somministrata giornalmente in cani con rogna demodettica generalizzata resistente ai trattamenti con amitraz spinge i ricercatori all’utilizzo quotidiano anche dell’ivermectina (Garfield e Reddy, 1992).

La posologia più efficace appare 600 mcg/kg al giorno, s.c. o per via orale. La guarigione clinica si osserva dopo 15-22 settimane e quella parassitologica (assenza di acari nei raschiati cutanei) dopo 21-32 settimane (Guaguère, 1996).

Recentemente è stato anche proposto l’impiego della formulazione pour-on, destinata al trattamento contro i nematodi e i parassiti esterni del bovino, somministrata alla dose di 1500 mcg di ivermectina/kg), 3 volte alla settimana per 6 mesi, per altro con risultati molto deludenti (solo il 7% di successo) (Paradis e Pagè, 1998). Dosaggi più bassi (350 mcg/kg/giorno) somministrati per via orale per un periodo variabile dai 2 mesi e mezzo agli 8 mesi e mezzo sono risultati efficaci (mancanza di acari nel follow up della durata di un anno) nel 30% dei cani (3/10): questi soggetti erano affetti da rogna demodettica generalizzata giovanile (Fondati, 1996).

Nel corso della prova 5 cani con recidiva sono stati trattati una seconda volta con ivermectina alla stessa dose sopra riportata e con amitraz (4500 ppm) in olio minerale applicato sulle lesioni. Al termine della terapia durata mediamente 3 mesi e mezzo, 3 soggetti presentarono recidive mentre per due il trattamento era ancora in corso al momento della pubblicazione della prova. Da ultimo va segnalato il rischio di reazioni tossiche, sempre presente nei trattamenti con alti dosaggi di ivermectina nel cane (Guaguére, 1996) e osservati da Guaguère (1996) e da Medleau et al. (1995) in soggetti trattati con 400-600 mcg di ivermectina/kg.

IMPIEGO DELLA MILBEMICINA OSSIMA


La milbemicina ossima, miscela di milbemicina ossima A3 e di milbemicina ossima A4, con un rapporto 20:80, è un lattone macrociclico dotato di attività insetticida, acaricida e antielmintica. La tossicità della milbemicina è molto ridotta e i margini di sicurezza sono ampi anche nelle razze sensibili alla ivermectina quali i Collie.

Le prove di tossicità acuta indicano che la DL50 è superiore a 200 mg/kg nei Beagles e pari a 10 mg/kg nei Collie, che rappresentano rispettivamente 400 e 20 volte la dose mensile per la profilassi contro la filariosi cardiopolmonare (Plumb, 1995). A 5 mg/kg (10 volte la dose mensile), segni transitori di leggera tossicosi sono stati osservati in Collie (2 dei 5 trattati) sensibili alla ivermectina (Tranquilli et al., 1991).

La milbemicina ossima somministrata per via orale è ben assorbita a livello gastroenterico; la sua distribuzione è rapida e caratterizzata da elevate concentrazioni (superiori a quelle ematiche) negli organi più irrorati già al trentesimo minuto dalla somministrazione. L’eliminazione è al contrario lenta avendo la milbemicina un’elevata affinità per il tessuto adiposo.

Al dosaggio consigliato di 0,5 mg/kg, la milbemicina ossima è dotata di bassa tossicità e ottima tollerabilità in cani di differente sesso, età e razza, Collie compresi (Kitagawa et al., 1993; Sasaky et al., 1990) ed è efficace per il trattamento profilattico della filariosi cardiopolmonare oltre che nella terapia e nel controllo delle infestazioni da ascaridi (Toxocara canis, To x a s c a r i s leonina), da anchilostomidi e da Trichuris vulpis, nematode resistente a numerosi antielmintici e di difficile controllo.

La milbemicina ossima è inoltre risultata altamente efficace (100%) nel trattamento per via orale della rogna sarcoptica del cane sia alla dose di 2 mg/kg ripetuta 3 volte a distanza di una settimana, sia ripetuta 2 volte a distanza di 14 giorni (Miller et al., 1996). I primi studi sull’utilizzo di questo farmaco in corso di rogna demodettica generalizzata cronica “resistente” al trattamento con amitraz sono stati effettuati da Garfield e Reedy tra il 1987 e il 1992 (Garfield e Reedy, 1992). In quella occasione, la milbemicina fu utilizzata alla dose di 0,5-2,3 mg/kg somministrata una (21 soggetti) o due volte al giorno (25 soggetti) per 120 giorni (i cani positivi agli esami parassitologici al giorno 90 erano considerati refrattari alla terapia). Alla dose più bassa (trattamento una volta al giorno), dopo 3 mesi di trattamento il 66% dei soggetti (16/21) erano negativi agli esami parassitologici. Di questi, 3 rimasero negativi ai controlli effettuati per un anno successivamente alla sospensione del trattamento con milbemicina e furono considerati guariti. Dei rimanenti, 10 furono trattati al dosaggio più elevato con una percentuale di successo (guarigione clinica e parassitologica) pari al 70%. Dei 25 cani trattati al dosaggio più elevato, dopo 3 mesi di trattamento 24 erano negativi agli esami parassitologici. Di questi, 10 (42%) rimasero negativi ai controlli successivi mantenuti per la durata di un anno e furono considerati guariti. Nei rimanenti casi, le recidive insorsero dopo intervalli più o meno prolungati dalla sospensione del trattamento con milbemicina.

Sulla base di questi risultati, gli autori suggeriscono un dosaggio di 1 mg/kg, suddiviso in 2 somministrazioni nel corso della giornata e la propongono quale possibile alternativa ad altri farmaci, tenuto anche conto della sicurezza e della facilità d’impiego del prodotto. In tutta la sperimentazione, segni di intolleranza (vomito) sono stati osservati in un solo soggetto trattato al dosaggio più elevato. La sospensione temporanea del trattamento era sufficiente a fare regredire il sintomo che non veniva più osservato alla ripresa del trattamento. Miller et al. (1993) utilizzano dosi comprese tra 0,5 mg/kg (basso dosaggio) e 1 mg/kg (alto dosaggio) (nel corso dello studio le dosi reali sono state da 0,52 a 3,8 mg/kg) in una unica somministrazione giornaliera per trattare 30 cani con forme generalizzate croniche di rogna demodettica.

La maggior parte dei cani non aveva risposto a precedenti trattamenti con altri farmaci e le lesioni erano estese per oltre il 50% della superficie corporea e/o erano colpiti tutti 4 gli arti. Alla dose più bassa la percentuale di guarigione (nessun segno clinico né parassiti nei raschiati cutanei per un anno dopo la sospensione della milbemicina) è pari al 20% (6/30) dopo 90-210 giorni di trattamento. Alla dose più elevata, la guarigione è completa in 10 soggetti dopo 60-120 giorni di trattamento. Nel complesso, l’efficacia del trattamento è pari al 53%.

Sulla base di questi risultati, Miller et al. (1995) suggeriscono un dosaggio di 1 mg/kg di milbemicina mantenuto per ulteriori 30 giorni da quando i raschiati cutanei risultino negativi; nel caso in cui il numero di acari non diminuisca in modo significativo (almeno del 25%), il dosaggio va aumentato a 2 mg/kg. Nel corso di questi studi gli autori valutano anche l’efficacia del dosaggio di 2 mg/kg mantenuto fino a un massimo di 180 giorni. I risultati indicano una efficacia del 38% con il primo protocollo (0,5 mg/kg) e del 92% (12/13 cani) con la dose di 1-2 mg/kg dopo 60-180 giorni di trattamento.

Utilizzando sostanzialmente la stessa posologia (0,5-2 mg/kg/giorno, eventualmente raddoppiata in caso di mancato effetto sulla conta dei parassiti dopo 1 mese di trattamento), Carlotti et al. (1998) ottengono la guarigione parassitologica dopo 25-464 giorni di terapia in 77 su 88 cani (87,5%) con rogna demodettica generalizzata cronica, di cui l’81,5% era stato preventivamente trattato con altri farmaci. Gli autori indicano inoltre che la durata del trattamento tende ad essere più breve nei soggetti di età superiore ai 4 anni. La durata del trattamento sembra inoltre influenzata dal numero di acari presenti all’inizio della terapia.

Va ancora notato che il dosaggio iniziale elevato non sembra migliorare il risultato od accorciare il trattamento, ma incide in modo positivo sulle recidive. Infatti dei 60 soggetti seguiti per un anno dopo la sospensione della terapia, i 27 (45%) che avevano presentato recidive erano stati trattati con dosi iniziali significativamente più basse. Nonostante gli alti dosaggi, la tollerabilità si è mantenuta elevata (gli autori usano il termine eccellente) in tutti i soggetti trattati, compreso in 3 cani di razza Collie. Buoni risultati ottiene anche Holm (1998) in uno studio retrospettivo su 40 cani con rogna demodettica generalizzata trattati con 0,5 mg/kg (0,5-0,9 mg/kg) di milbemicina/giorno per 4-20 settimane. L’efficacia complessiva indicata dall’autore è stata pari al 69% (25 cani guariti su 36; per 4 soggetti manca il follow up post trattamento). Per quanto riguarda la nostra esperienza, tra il 1993 e il 1995 abbiamo avuto modo di trattare 21 cani di età compresa tra i 9 mesi e i 10 anni, di cui 12 con rogna demodettica generalizzata e 9, tutti soggetti adulti di età compresa tra i 2 e i 10 anni, con rogna demodettica generalizzata cronica. Nella maggior parte dei casi si trattava di recidive da trattamenti topici con amitraz (14 soggetti) o ivermectina (4 soggetti) (400-600 mcg/kg x 2 s.c. a distanza di una settimana). Gli animali adulti con rogna demodettica cronica sono stati trattati con milbemicina ossima alla dose di 1 mg/kg/giorno (1,02-1,53 mg/kg) per 90 giorni e per ulteriori 30 giorni alla dose di 0,5 mg/kg/giorno. Nei soggetti giovani (6 mesi - 18 mesi di età), quando gli scarificati cutanei risultavano negativi dopo 2 mesi, il trattamento era continuato per ulteriori 30 giorni alla dose di 0,5 mg/kg/giorno. Gli animali sono stati giudicati guariti (guarigione parassitologica) quando gli scarificati cutanei si sono mantenuti negativi per un anno dalla sospensione della terapia acaricida. I risultati sono riassunti nella Tabella 1. Nei soggetti giovani l’efficacia è stata nel complesso pari all’83% (9 soggetti guariti dopo un ciclo di trattamento e uno guarito dopo 2 cicli su 12 trattati).

Nei cani adulti, un soggetto si è dimostrato refrattario al trattamento: acari vitali sono stati osservati nel corso degli esami parassitologici di controllo e i miglioramenti clinici sono stati del tutto trascurabili e transitori. Degli 8 rimanenti, 5 sono stati giudicati guariti sia sul piano parassitologico, sia sul piano clinico, mentre tre hanno presentato recidive dopo 15 giorni - 6 mesi dalla sospensione del trattamento con milbemicina ossima.

Il soggetto in cui la sintomatologia era ricomparsa 15 giorni dopo la sospensione del trattamento acaricida (Dobermann di 2 anni, femmina), dopo un secondo ciclo completo di trattamento e una ulteriore recidiva a cui erano seguiti vari tentativi per ricercare un idoneo dosaggio di mantenimento, sempre falliti, è stato tenuto per scelta dei proprietari a un dosaggio di 0,5 mg/die per circa 1 anno e mezzo. In tutto questo periodo il cane si è mantenuto in buone condizioni cliniche nonostante la presenza di acari vivi nei raschiati cutanei. La sospensione anche per pochi giorni della terapia comportava l’insorgenza rapida della sintomatologia. Nel corso delle prove nessun soggetto ha presentato segni di intolleranza al trattamento.

Nel soggetto trattato con milbemicina a diversi dosaggi per oltre 2 anni, l’unico segno rilevato è stato un modesto rialzo delle transaminasi, che tendevano ad attestarsi verso i limiti più alti della n o r m a l i t à . In conclusione, pur non sottovalutando i problemi rappresentati dal costo del trattamento della rogna demodettica generalizzata con milbemicina ossima, ci sembra di potere concludere che i livelli di efficacia sono molto elevati tenuto conto che in tutte le sperimentazioni riportate, i soggetti erano affetti da forme refrattarie al trattamento con altri farmaci, in particolare con amitraz che, anche a nostro parere oltre che a quelli di altri autori, rimane il farmaco di prima scelta soprattutto nelle forme localizzate.

Sulla base della nostra esperienza e dei dati della letteratura, ci sembra anche opportuno sottolineare che i trattamenti acaricidi con un dosaggio medio di 1,5 mg/kg non dovrebbero essere sospesi prima che 2 successivi controlli a distanza di 30 giorni sul materiale cutaneo scarificato non risultino negativi alla presenza di acari.

Di particolare rilievo è la buona tollerabilità della milbemicina ossima che permette di raggiungere dosaggi giornalieri fino a 3,5 mg/kg anche in quelle razze più sensibili alla ivermectina come il Collie e il Bobtail (Carlotti, 1993; Guaguère, 1996), il che consente di potere mantenere per periodi particolarmente prolungati elevati dosaggi tali da consentire la guarigione parassitologica del soggetto. Infatti, stando all’esperienza di Carlotti et al. (1998), confermata anche dai dati delle altre indagini, il dosaggio elevato soprattutto nella fase iniziale della terapia, sembra diminuire il rischio di recidive che potrebbero essere la conseguenza di una sorta di tolleranza elaborata dall’acaro nel corso del trattamento.

Per altro, la somministrazione per via orale del farmaco che può essere mescolato anche al cibo, facilita notevolmente il trattamento in caso di impedimento da parte dei proprietari o di soggetti particolarmente aggressivi.


Fonte: Veterinari, Anno 13, N°1, Febbraio 1999